La piaga delle lesioni da decubito
L’importanza
della fisioterapia nel trattamento e prevenzione delle piaghe da decubito
La piaga delle lesioni da decubito affligge diverse migliaia di persone nel mondo e rappresenta un costo di svariati miliardi di dollari all’anno. Si stima che, in ogni dato momento, circa un terzo dei pazienti ricoverati in strutture ospedaliere o che richiedono assistenza domiciliare, finiscono col sviluppare piaghe da decubito.
Le piaghe da decubito sono ferite che riguardano la pelle e i tessuti molli sottostanti, che si formano in seguito alla pressione esercitata sulla pelle in maniera costante e prolungata nel tempo, in particolare in corrispondenza delle protuberanze ossee di fianchi, glutei, e piedi (i.e. ischio, grande trocantere, osso sacro, tallone, malleolo). La pressione diretta su un’area localizzata determina l’occlusione del microcircolo e, di conseguenza, il mancato approvvigionamento di ossigeno (i.e. ischemia) e sostanze nutritive a livello cellulare, e, allo stesso tempo, l’accumulo di prodotti di scarto del metabolismo. Una simile condizione di stress porta le cellule a ripiegare sull’attuazione di processi anaerobici, risultando nell’accumulo di sottoprodotti tossici che, a loro volta, causano l’acidosi dei tessuti, l’aumento anomalo della permeabilità delle membrane citoplasmatiche, la morte cellulare.
I soggetti con un’età superiore ai 65 anni presentano un rischio elevato di sviluppo delle piaghe da decubito, in quanto sono caratterizzati dalla riduzione del grasso sottocutaneo e del flusso sanguigno nei capillari, da cambiamenti fisiologici della struttura e della funzionalità della pelle legati all’invecchiamento (ovvero, la diminuzione della sensibilità tattile, e della coesione tra epidermide e derma).
Le possibili cause e rimedi
Il termine “decubito” fa riferimento al fatto
che tali lesioni compaiono per via di una giacenza nel letto duratura e in
assenza di motilità adeguata. Le cause più comuni di una simile immobilità sono
l’anestesia o la sedazione profonda associata ad un intervento chirurgico, la
presenza di disturbi neurologici, la demenza senile, alcuni tipi di fratture:
ossia tutte quelle circostanze che impediscono al paziente di muoversi
liberamente oppure di rendersi conto del disagio e, quindi, di alleviare
l’eccessiva pressione localizzata modificando la posizione del corpo.
Le piaghe da decubito rappresentano un’affezione complessa con un’origine multifattoriale, che presenta sia elementi intrinseci che estrinseci. Nel primo gruppo si collocano quei fattori di rischio che risiedono in alterazioni pregresse del normale funzionamento dell’organismo, quali, ad esempio, malattie vascolari, diabete, malnutrizione. In particolare, lo stato nutrizionale di un individuo gioca un ruolo essenziale nel determinare l’esito del processo di guarigione di una ferita, in quanto influisce sulla capacità dell’organismo di combattere le infezioni, di contrastare l’ossidazione metabolica, e di sintetizzare i componenti necessari per la riparazione tissutale (soprattutto proteine tra cui il collagene). In un simile contesto, l’alimentazione di un paziente affetto da ulcerazioni croniche assume un rilievo particolarmente significativo, dato che la sussistenza di ferite croniche sposta l’equilibrio del metabolismo verso uno stato nettamente catabolico, caratterizzato da un consumo molto rapido di calorie che risulta nella deplezione delle riserve di glicogeno (la molecola sintetizzata per lo stoccaggio di glucosio) e, a seguire, di proteine.
L’assunzione di integratori
alimentari a base di proteine (sotto forma di aminoacidi), zinco, vitamina A, C
ed E si è dimostrata efficace nel ridurre significativamente l’incidenza delle
piaghe da decubito nei pazienti considerati a rischio; e un simile risultato è
riconducibile alla funzione svolta dai singoli componenti nella guarigione
delle ferite. Più precisamente, gli aminoacidi sono essenziali per la
proliferazione cellulare, la deposizione di collagene, l’attività delle cellule
del sistema immunitario. Lo zinco è coadiuvante nella sintesi proteica, ed è
necessario per la crescita cellulare. Le vitamine A, C ed E contrastano l’ossidazione
cellulare, promuovono la riepitelizzazione cutanea, la formazione di collagene,
la vascolarizzazione dei tessuti, la funzione immunitaria.
Nel gruppo dei fattori di rischio
estrinseci, si contano, invece, tutte quelle variabili ambientali che scatenano
specifici eventi patologici a livello tissutale, che sfociano nell’insorgenza
di lesioni ulcerose particolarmente difficili da curare. Esempi sono (i) sia
brevi periodi di forte pressione che lunghi periodi di pressione lieve su una
determinata area del corpo; (ii) la frizione e l’attrito generati dallo
strofinare della pelle contro le superfici; (iii) l’esposizione alla cosiddetta
“forza di taglio” (o “stress tangenziale”), che, in questo caso, si origina
quando il corpo scivola lungo uno schienale senza causare lo spostamento della
regione di pelle a contatto con gli indumenti o le lenzuola, ma trascinando
verso il basso i tessuti subcutanei e i muscoli; (iv) la macerazione e
conseguente rottura della cute a causa dell’accumulo di umidità a seguito di
sudorazione, episodi di incontinenza, fuoriuscita di fluido che drena da una
ferita chirurgica.
La cura delle piaghe da decubito richiede l’intervento multidisciplinare di un team di esperti, composto principalmente da medici esperti in vulnologia (la branca della medicina adibita allo studio e al trattamento delle ulcere cutanee croniche), infermieri specializzati, e fisioterapisti. Mentre medici e infermieri si occupano della gestione della ferita soprattutto da un punto di vista terapeutico, praticando, ad esempio, la pulizia dell’ulcera tramite “debridement” (la rimozione chirurgica del tessuto necrotico, dell’escara, del materiale infetto, ecc.) e somministrando antibiotici e analgesici, il ruolo del fisioterapista riguarda soprattutto l’aspetto preventivo. Al fine di evitare la comparsa, il peggioramento, o il riproporsi delle lesioni, la migliore strategia prevede la rimozione o almeno la minimizzazione della pressione persistente che causa l’ulcerazione. Al di là dell’utilizzo di presidi sanitari appositi quale il materasso antidecubito ad aria, la mobilitazione autonoma o assistita del paziente risulta di fondamentale importanza per evitare lo stress ischemico dei tessuti. I fisioterapisti hanno il compito di assistere i pazienti nell’attuazione del riposizionamento, sia praticamente durante lo svolgimento vero e proprio dell’attività - valutando la frequenza di movimento necessaria, vigilando che il movimento sia portato a termine in modo effettivo e sicuro, svolgendo un programma di ginnastica attiva e passiva per lo stretching e il rafforzamento dei muscoli coinvolti nel movimento - che occupandosi dell’aspetto educativo, in modo tale che i familiari e, qualora possibile, i pazienti stessi siano in grado di riprodurre autonomamente e correttamente le pratiche indicate per la prevenzione delle piaghe da decubito.
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