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L’importanza di sognare . . . a occhi aperti e chiusi!

La Giornata Mondiale dei Sogni, che si celebra ogni anno il 25 Settembre, venne istituita nel 2012 da Ozioma Egwuonwu, una consulente e “life coach” statunitense che colse l’importanza di condividere apertamente progetti e aspirazioni, di creare un flusso di comunicazione e connettività, per stabilire supporto reciproco e, quindi, cercare di abbattere le barriere che, talvolta, impediscono la realizzazione dei nostri sogni.
Se da un lato è vero che non dovremmo mai smettere di coltivare le nostre ambizioni e di lavorare per un futuro migliore sia per noi stessi che per gli altri, dall’altro lato non bisognerebbe dimenticare che creatività, perseveranza, e produttività sono attributi della mente inestricabilmente legati al benessere e alla salute del corpo, a partire da una buona notte di sonno riposante e rigeneratore.

Il “sonno” viene definito come uno stato reversibile di incoscienza, di disconnessione dall’ambiente circostante, durante il quale il tasso metabolico e l’attività muscolare risultano drasticamente ridotti. Nonostante il motivo per cui dormiamo, ad oggi, non sia completamente chiaro, ci sono numerose ipotesi che propongono che il sonno sia un veicolo per l’integrazione (i.e. il processo di interconnessione di esperienze sovrapponibili tramite il reclutamento di popolazioni affini di neuroni) e la consolidazione (i.e. il passaggio da breve a lungo termine) della memoria, l’omeostasi neuronale (i.e. il mantenimento dell’equilibrio dell’attività elettrica dei neuroni), il preservamento dell’efficienza del metabolismo. La mancanza di sonno, d’altro canto, in termini di carenza sia di qualità che di quantità, è collegata all’insorgenza di disturbi della funzione cognitiva e della memoria, del comportamento sociale, dell’emotività; e in caso di insonnia cronica, le conseguenze possono essere molto gravi, fino a portare ad un aumento significativo del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari (ipertensione, infarto miocardico, ictus cerebrale, ecc.), diabete, obesità, depressione.

Il ciclo sonno/veglia è regolato dal “ritmo circadiano”, un processo finemente regolato che risponde all’attività di una particolare regione del cervello: il “nucleo suprachiasmatico” all’interno dell’ipotalamo, ovvero una struttura situata al centro dell’encefalo in corrispondenza dell’unione tra i due emisferi. Grazie all’informazione proveniente dalla retina circa le condizioni di luminosità dell’ambiente esterno, il nucleo suprachiasmatico è in grado di rispondere all’alternarsi del giorno e della notte inducendo il rilascio di diverse molecole (tra cui la melatonina) e determinando, quindi, il corretto susseguirsi dei momenti in cui si è svegli e in cui si sente, invece, la necessità di dormire. Il sonno è caratterizzato principalmente da due fasi, lo stadio REM (Rapid Eye Movement) e lo stadio NREM (Non-Rapid Eye Movement). Quest’ultimo, a sua volta si suddivide in una progressione di eventi che culminano con la fase di sonno più profondo (denominata N3), partendo dalla semplice percezione di sonnolenza in cui gli occhi tendono a chiudersi involontariamente (fase W), per poi attraversare gradualmente stati di incoscienza via a via più intensi durante i quali il battito cardiaco rallenta e la temperatura corporea diminuisce (fasi N1 e N2). La fase REM è, invece, il momento del sonno associato all’attività onirica vera e propria. Durante questa fase, il ritmo della respirazione diventa irregolare e leggermente più agitato. La prima fase REM del sonno dura all’incirca 90 minuti, ma con il passare del tempo essa tende ad allungarsi a discapito dei diversi stadi che costituisco la fase NREM.

L’insonnia è un disturbo che può essere dovuto a fattori sia endogeni che di natura secondaria, come ad esempio trattamenti farmacologici, condizioni psichiatriche, disfunzioni metaboliche pregresse. L’insonnia endogena (o primaria) è generalmente la conseguenza di alterazioni intrinseche del ritmo circadiano, legate a una gamma di avvenimenti quali l’avanzare dell’età, condizioni ambientali sfavorevoli (jet lag, fonti di rumore forte, temperatura elevata mentre si dorme, turni di lavoro notturni), traumi infantili, ansia, ecc. Al fine di combattere l’insonnia, esistono valide alternative al consumo di farmaci; ovvero interventi di natura comportamentale, come per esempio praticare tecniche di rilassamento, l’ipnosi, la “sleep restriction therapy”, o l’assunzione di integratori alimentari quale la melatonina. La melatonina, infatti, promuove naturalmente la fase del sonno agendo direttamente a livello dell’ipotalamo e antagonizzando l’azione di quei segnali che, al contrario, inducono lo stato di veglia. Il picco naturale di melatonina si registra tra le 2.00 e le 4.00 del mattino, e la sua produzione va scemando con l’intensificarsi della luce giornaliera mano a mano che il sole sorge. Il rilascio fisiologico di melatonina può risultare compromesso qualora si venga sottoposti ad una fonte di eccessiva luminosità prima di andare a letto, in caso di stress o di privazione forzata del sonno (a causa, ad esempio, di turni di lavoro durante la notte o lunghi viaggi in aereo), come conseguenza dell’esposizione alla luce blu emessa dagli schermi di molti apparecchi elettronici nel momento di coricarsi. Se è vero che la melatonina è un ottimo alleato per la regolarizzazione del ciclo sonno/veglia, è anche utile tenere a mente che alle volte basta modificare alcuni comportamenti che riguardano la routine serale (nello specifico, evitare di adoperare tablet, laptop, smartphone, ecc. quando si è a letto) per migliorare la qualità del riposo.

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