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Che cos’è l’acne?

L’acne vulgaris, comunemente nota solo con il termine “acne”, è un’affezione che colpisce la pelle principalmente di viso, collo e schiena, anche se in realtà si tratta di una malattia complessa, la cui patogenesi e sovrapposizione con alterazioni ormonali e metaboliche è, ancora oggi, oggetto di ricerca e continuo approfondimento.

L’acne è una patologia che, secondo uno studio epidemiologico svolto nel 2010, affligge quasi il 10% della popolazione mondiale, ed è particolarmente diffusa negli individui tra i 12 e i 25 anni di età.
La tipologia di manifestazione cutanea varia - in base al grado sia di infezione che di infiammazione delle lesioni acneiche - dalla comparsa di comedoni (punti neri o punti bianchi) e brufoli, alla formazione di vere e proprie cisti, papule e pustole, talvolta molto dolorose, difficili da curare, e caratterizzate da rimarginazione problematica che si risolve con “cicatrici atrofiche” (dal tipico aspetto infossato, dovuto alla carenza di tessuto negli strati più profondi della pelle).

La pelle in pillole

La pelle è composta da tre strati - ipoderma, derma ed epidermide.
L’epidermide, lo strato più esterno, è formata da “cheratinociti”, una tipologia di cellule specializzate nella produzione di grandi quantità della proteina strutturale “cheratina”. All’interno dell’epidermide, i cheratinociti si dispongono - dal livello più profondo a quello più superficiale - in strati via a via più ricchi in cheratina, al punto che le cellule dello strato corneo più esterno smettono di essere vitali, e appaiono completamente cheratinizzate, cornee, e altamente desquamanti.

Oltre ai differenti strati organizzati funzionalmente, la pelle conta anche diversi annessi cutanei, tra cui l’unità o follicolo pilo-sebaceo. L’unità pilo-sebacea è composta da pelo (o capello), ghiandola sebacea, e muscolo erettore del pelo, e si presenta come un’invaginazione, un ripiegamento a forma di dito di guanto dell’epidermide nel derma sottostante, dove - in corrispondenza dell’estremità più profonda del follicolo - si trova una protuberanza dermica avvolta da due strutture concentriche, la “matrice del pelo” più interna, e il “bulbo pilifero”. La matrice del pelo consiste di cheratinociti altamente specializzati nella sintesi della variante di cheratina - estremamente dura e resistente - che forma i peli o capelli. Mano a mano che il materiale prodotto dalla matrice aumenta, la fibra pilifera si allunga e risale verso la superficie cutanea lungo il condotto epidermico del follicolo. Il tratto più superficiale del canale follicolare prende il nome di “infundibolo”, e comprende la porzione che va dal punto di immissione del dotto escretore della ghiandola sebacea al foro di fuoriuscita del pelo. I sebociti che formano la ghiandola sebacea rilasciano sebo - una sostanza oleosa composta da diversi tipi di lipidi - che, attraverso il dotto escretore, passa nell’infundibolo e, insieme ai detriti cornei - risultato della desquamazione dei cheratinociti che rivestono il follicolo pilifero - viene trascinato all’esterno dal passaggio del pelo in crescita. L’acne viene considerata una patologia dell’unità pilo-sebacea, in quanto l’ipercheratinizzazione dell’infundibolo, l’accumulo di sebo, lo stato infiammatorio prolungato, sono tutti fattori che hanno un ruolo determinante nell’insorgenza di tale malattia.

Cause e rimedi

La comparsa dell’acne è attribuita a uno squilibrio ormonale risultante nell’eccessiva produzione di ormoni androgeni - come ad esempio testosterone e diidrotestosterone - che causano un aumento della secrezione di sebo, e la conseguente occlusione del follicolo pilifero. Il conseguente ristagno di sebo favorisce la crescita di batteri - quale Cutibacterium acnes - in grado di consumare i trigliceridi contenuti nel sebo stesso, rilasciando quantità crescenti di acidi grassi come prodotto di scarto del metabolismo. Gli acidi grassi, a loro volta, stimolano sia l’aberrante proliferazione che maturazione dei cheratinociti dell’infundibolo, i quali - desquamandosi a ritmi elevati - intasano il follicolo con materiale corneo, aggravando ulteriormente il grado di accumulo di sebo. Questo circolo vizioso è peggiorato dalla componente infiammatoria - dovuta, in parte, al sopraggiungere dell’infezione - che contribuisce attivamente all’ipercheratosi dell’infundibolo.

Nel tempo, il numero di farmaci volti a contrastare l’acne è cresciuto significativamente, di pari passo con l’evolversi della conoscenza dei diversi processi biologici potenzialmente compromessi e del modo in cui interagiscono. In particolare, i trattamenti attualmente esistenti possono essere sia ad uso topico - ovvero, generalmente pomate o gel da applicare localmente sulla superficie di cute interessata dal disturbo - che ad azione sistemica - ossia formulazioni tipicamente da ingerire che raggiungono svariati distretti corporei. Nella prima categoria rientrano, ad esempio, il BPO (benzoilperossido), che funziona inibendo la crescita batterica e in qualità di agente comedolitico - la Vitamina C, la Vitamina E e l’Acido Glicolico, che riducono l’infiammazione e prevengono la cicatrizzazione atrofica - la Vitamina A (o Retinolo), che contrasta l’ipercheratosi regolando la proliferazione dei cheratinociti. Nella seconda categoria rientrano, invece, l’Isotretinoina, che abbassa la produzione di sebo, sia diminuendo l’efficienza dei recettori del testosterone che arrestando la maturazione dei sebociti - i Tiazolidinedioni e la Metformina (farmaci storicamente impiegati per il trattamento del diabete di tipo 2) la cui azione si esplica a monte degli ormoni androgeni con la riduzione indiretta della concentrazione plasmatica di IGF-1 e insulina, entrambi ormoni adibiti al controllo della crescita dell’organismo. È stato, infatti, messo in evidenza che livelli elevati di IGF-1 e insulina in circolo, potenziano sia la sintesi che l’attività di testosterone e ormoni correlati, promuovono la produzione di acidi grassi, inducono la proliferazione, e conseguente maturazione, di cheratinociti e sebociti.

Dal punto di vista della cura della pelle, infine, i dermatologi ricordano di non commettere l’errore di pensare che la consistente produzione di sebo sia da contrastare con l’uso frequente di saponi particolarmente aggressivi che seccano la cute. Una disidratazione eccessiva, infatti, finirebbe col sortire l’effetto opposto, in quanto accentuerebbe il già critico stato infiammatorio, e porterebbe la pelle a reagire secernendo ancora più sebo, nel tentativo di ristabilire il naturale film idrolipidico che la protegge dagli insulti esterni. Al contrario, si consiglia l’utilizzo di detergenti molto delicati, ad azione calmante, antinfiammatoria, cicatrizzante, ed emolliente, applicati sulla pelle evitando sfregamenti troppo vigorosi.

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